lunedì 24 settembre 2012

XV domenica del tempo ordinario - 15 luglio 2012


 

Dal libro del profeta Amos 7, 12-15

In quei giorni, Amasìa, [sacerdote di Betel,] disse ad Amos: «Vattene, veggente, ritirati nella terra di Giuda; là mangerai il tuo pane e là potrai profetizzare, ma a Betel non profetizzare più, perché questo è il santuario del re ed è il tempio del regno». Amos rispose ad Amasìa e disse: «Non ero profeta né figlio di profeta; ero un mandriano e coltivavo piante di sicomoro. Il Signore mi prese, mi chiamò mentre seguivo il gregge. Il Signore mi disse: Va’, profetizza al mio popolo Israele».

 

Salmo 84 - Mostraci, Signore, la tua misericordia.
Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: +
egli annuncia la pace
per il suo popolo, per i suoi fedeli.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.

Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.

Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino.


Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni 1, 3-14

[Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo, secondo il disegno d’amore della sua volontà, a lode dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel Figlio amato. In lui, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra.] In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati – secondo il progetto di colui che tutto opera secondo la sua volontà – a essere lode della sua gloria, noi, che già prima abbiamo sperato nel Cristo. In lui anche voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Il Padre illumini gli occhi del nostro cuore
per farci comprendere a quale speranza ci ha chiamati.
Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Marco 6, 7-13

In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; ma di calzare sandali e di non portare due tuniche.  E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

 

Commento

 

Domenica scorsa abbiamo ascoltato nel vangelo il fallimento della predicazione di Gesù nei luoghi in cui era nato. Lì dove lo avevano visto crescere, dove ancora vivevano i suoi parenti e tutti lo conoscevano come “il falegname” la gente non è disposta ad ascoltarlo. Le sue parole, dicevamo domenica scorsa, erano troppo diverse dal sapere comune e i suoi gesti erano troppo diversi dal modo di vivere di sempre! Subito dopo, abbiamo ascoltato oggi, Gesù va in giro per i villaggi ad annunciare il vangelo a chi non lo conosceva. Cioè il Signore ci vuole dire che non bisogna restare attaccati al mondo di sempre, quello che ci è più familiare e che sentiamo più “nostro”, ma bisogna saper uscire da esso per incontrare il mondo più vasto, gli altri villaggi, perché è lì che incontriamo lui. Il Signore infatti possiamo dire che viveva letteralmente come un nomade. Lo incontriamo ovunque: senza una casa stabile, per le campagne e le città, fino ai confini della Palestina e anche oltre, a Tiro e Sidone. Egli non si fa racchiudere da un villaggio, da una famiglia, da una cultura e da un ambiente. Gesù si fa pellegrino alla ricerca degli uomini, negli angoli più nascosti ed incontra tanti. Oggi invita i sui discepoli, e noi, a fare la stessa cosa.

Ma come si fa? Bisogna lasciare tutto e incamminarsi verso l’ignoto? A volte pensiamo al missionario che annuncia il vangelo come ad un eroe isolato nella sua eccezionalità. Sì, anche questo è una strada e molti lo hanno fatto, ma non è indispensabile. Gesù invita tutti a seguirlo, ma vediamo meglio cosa significa. Innanzitutto Gesù manda i discepoli a due a due perché il loro non essere da soli sia la prima predicazione a chi li incontra: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35). L’essere fratelli e non individui slegati l’uno dall’altro è infatti la prima buona notizia, un vero “vangelo”, che possiamo dare a questo nostro mondo in cui spesso la solitudine, subita per l’abbandono degli altri, ma spesso anche costruita da se stessi per il rifiuto degli altri, rende insopportabile e infelice la vita. Il cristiano anche quando si trova ad essere solo, come capita nella vita, non è mai un individuo ma un figlio, un fratello, una sorella, parte di una famiglia larga, di un “noi” plurale e largo, e come nelle famiglie, deve saper dire il nome di ciascuno di loro, chi sono, cosa fanno, come sono. Questo siamo chiamati a vivere e questa deve essere la nostra prima testimonianza. Il primo passo che Gesù fa compiere ai suoi discepoli mandandoli a due a due è l’uscita dall’ ”io” individuale, dall’abitudine così comune a pensarsi come una persona che ha la sua vita, persegue i suo scopi, compie il suo itinerario come su un binario che non ha bisogno di incrociarne altri, anzi farlo è anche pericoloso: ci vuole un semaforo che indichi le precedenze e poi ognuno continua la sua corsa per conto suo.

Poi Gesù invita a non portarsi dietro un bagaglio pesante: vestiti, cibo, ma solo un bastone. Che significa? Significa che spesso il nostro paso è goffo e pesante perché siamo ingombri di giudizi, abitudini, modi di fare e di essere, pensieri, discorsi ripetuti che come un ingombrante bagaglio ci frenano, anzi ci convincono che è meglio non partire per niente, per non rischiare di perdere qualcosa. Lasciamoci dietro tutto questo inutile ciarpame, lasciamoci stupire dall’incontro con altri, senza dover sempre per forza avere la risposta pronta per tutto. Lasciamoci toccare e magari anche ferire dal bisogno del fratello, senza doverci coprire di corazze dure e pesanti per difenderci. Lasciamoci trascinare dove non pensavamo e non sapevamo, senza dover per forza fare solo strade conosciute e sicure. Solo una cosa ci serve: il bastone. Questo era il segno dell’essere pellegrino, come era Gesù, che sicuramente ne usava uno nel suo viaggiare. Sì, il bastone su cui possiamo poggiare con sicurezza nel nostro pellegrinaggio alla sequela di Gesù è la Bibbia, sostegno solido e infallibile. Poggiamoci ad essa e non alla sapienza del mondo per prendere le nostre decisioni, per fermarci davanti a chi chiede senza tirare oltre, per alzare lo sguardo su un orizzonte più vasto del nostro piccolo mondo.

Gesù poi invita ad “entrare nelle case” cioè a non fuggire dal rapporto personale, intimo con gli altri. Questo ci fa paura, perché ci scopre vulnerabili e ci fa scoprire la vulnerabilità degli altri. Noi restiamo sempre un po’ sulla soglia della casa, da dove possiamo gettare uno sguardo, ma senza entrare dentro. C’è bisogno di entrare, sedersi accanto, parlare, restare a lungo con il fratello e la sorella, perché possiamo trasmettere la bellezza della vita con il vangelo. L’incontro fugace o magari anche prolungato, ma sempre restando in superficie, sulla porta, non comunica nulla e conferma agli altri che è meglio starsene chiusi in casa, alla larga dagli altri.

Infine Gesù raccomanda di non arrabbiarsi o deprimersi per l’insuccesso: lui ne ha conosciuti tanti! Allo stesso tempo non muore mai la speranza che in futuro qualcosa possa cambiare. Lo dimostra quell’ultimo gesto, un po’ plateale, di scuotersi la polvere dai piedi, con cui lasciarsi con chi non ha voluto accogliere il vangelo, almeno per adesso. Anche questo estremo gesto non è un segno di stizza e di definitiva rinuncia, ma è “come testimonianza per loro” quasi a lasciargli un segno, un ricordo che in futuro possa tornare a dare frutto.

Insomma essere discepoli che annunciano il vangelo non è allora un compito per gente speciale. È alla portata di tutti, anche nostra. Basta accettare di uscire da sé e farsi pellegrini, compagni dei fratelli, senza troppe sicurezze e pesanti pregiudizi, pronti a poggiarsi sulla Parola di Dio.

I discepoli non erano gente speciale, si fidarono d Gesù e lo fecero. Il vangelo si conclude con la sintetica descrizione dei frutti dell’annuncio: conversione, cioè cambiamento di vita, liberazione dal male, guarigione. Quei discepoli riuscirono perché non erano rappresentanti di sé, soli e sicuri della sapienza de mondo, ma, come dice Paolo, si sono lasciati adottare da Dio e ne hanno ricevuto in eredità la potenza di una parola forte e che cambia la realtà.

A noi, fratelli e sorelle, prendere sul serio l’invito di Gesù, uscire da sé e compiere i miracoli di bene e di misericordia di cui chi incontriamo ha un bisogno così grande.

 

Preghiere

 

O Signore Gesù, accompagnaci sulle vie della vita perché possiamo seguire te e non la sapienza di questo mondo,

Noi ti preghiamo

 

O Dio fa’ che usciamo da noi stessi per farci pellegrini come Gesù. Aiutaci ad incontrare i fratelli e  le sorelle con il desiderio di essere con loro la tua famiglia

Noi ti preghiamo

 

Aiutaci o Gesù a non disprezzare nessun uomo, per quanto umile o peccatore sia, ma ad operare perché per ognuno si realizzi l’incontro con te che cambia e salva la vita 

Noi ti preghiamo

 

Aiutaci o Dio ad essere testimoni credibili e autentici del vangelo, capaci di viverlo con semplicità e fiducia. Fa’ che vedendo come ci amiamo si comprenda che siamo tuoi discepoli.

Noi ti preghiamo

 

Aiuta o Signore chi è povero e indifeso: le vittime della guerra e della violenza, specialmente in Africa, chi è malato o anziano, chi non ha casa né protezione. Dona la tua pace a tutti,

Noi ti preghiamo

 

Proteggi i cristiani ovunque nel mondo, specialmente in Nigeria dove sono uccisi e perseguitati. Fa’ che dal seme del loro martirio nasca un futuro di pace,

Noi ti preghiamo.

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