San Francesco annuncia il perdono di Assisi
Dal libro della Genesi 2, 18-24
Il
Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che
gli corrisponda». Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali
selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come
li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli
esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a
tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali
selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il
Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse
una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la
costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo
disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si
chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta». Per questo l’uomo lascerà suo
padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne.
Salmo 127 - Ci benedica il Signore tutti
i giorni della nostra vita.
Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene.
La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.
Ecco com’è benedetto
l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita!
Possa tu vedere i figli dei tuoi figli!
Pace su Israele!
Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene.
La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.
Ecco com’è benedetto
l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita!
Possa tu vedere i figli dei tuoi figli!
Pace su Israele!
Dalla lettera agli Ebrei 2, 9-11
Fratelli,
quel Gesù, che fu fatto di poco inferiore agli angeli, lo vediamo coronato di
gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di
Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti. Conveniva infatti che Dio -
per il quale e mediante il quale esistono tutte le cose, lui che conduce molti
figli alla gloria - rendesse perfetto per mezzo delle sofferenze il capo che
guida alla salvezza. Infatti, colui che santifica e coloro che sono santificati
provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli
fratelli.
Alleluia, alleluia alleluia.
Se ci amiamo gli uni gli altri,
Dio rimane in noi e l’amore è perfetto
Alleluia, alleluia alleluia.
Se ci amiamo gli uni gli altri,
Dio rimane in noi e l’amore è perfetto
Alleluia, alleluia alleluia.
Dal vangelo secondo
Marco 10, 2-16
In
quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova,
domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli
rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di
scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza
del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della
creazione (Dio) li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre
e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così
non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha
congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento.
E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette
adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro,
commette adulterio». Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma
i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro:
«Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro
infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il
regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli
tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.
Commento
Cari
fratelli e care sorelle, la liturgia di oggi ci fa incontrare Gesù mentre un
gruppo di farisei gli fanno domande su come devono essere gestiti i rapporti
umani, partendo dal caso del matrimonio e della possibilità che dava la legge
di Mosè di ripudiare la
moglie. Dietro quella domanda, maliziosa perché fatta per
mettere in difficoltà, e non per un interesse sincero, si legge un’idea dei
rapporti umani e coniugali che si ritiene scontata e che anche oggi sembra così
comune da non dover essere nemmeno messa in discussione. È l’idea che un
rapporto se non risponde più ai nostri desideri e bisogno di soddisfazioni non
ha più senso di esistere. E questo, come dicevo, vale per tutti i tipi di rapporti
umani: quelli coniugali, quelli fra amici e colleghi di lavoro, quelli
familiari, di vicinato, ecc… Il rapporto, si pensa, è funzionale a me, quindi,
se non mi serve più che me ne faccio? Diventa un peso inutile, anzi anche
oppressivo perché non mi lascia libertà di passare ad altri rapporti magari più
soddisfacenti. Ed ecco allora che l’interesse di quei farisei si concentra su
quali norme possono liberarmi da questi impacci e fornirmi una via di uscita,
come il ripudio della moglie.
La
risposta di Gesù a questa domanda, antica ma anche così attuale, si compone di
due parti. Prima infatti afferma come il rapporto coniugale, come ogni altro
rapporto umano, nasce sulla constatazione originaria di Dio che “non è buono che l’uomo sia da solo”. È
questo il caposaldo antropologico, cioè l’idea fondamentale di uomo, su cui si
fonda la concezione cristiana dei rapporti umani. Essi cioè si basano sulla
natura stessa dell’uomo che se è da solo non è pienamente se stesso, rimane
come mutilato, privo di qualcosa. L’uomo, dice Dio, è veramente uomo solo
nell’essere con altri, nell’avere accanto altri uomini e donne che lo
completano. Per questo, come fa Gesù, possiamo leggere nella natura che Dio ha
creato qualcosa di pensato proprio per favorire il rapporto fra uomo e donna
dando luogo ad una unione intima nel matrimonio, un aiuto perché non prevalga
la tentazione malvagia di allontanare gli altri da sé.
E,
accanto a questa spiegazione, per far meglio comprendere il bisogno che abbiamo
di stringere legami con gli altri uomini e donne Gesù compie un gesto
significativo che in un certo senso esemplifica quello che ha detto poco prima.
Alcuni bambini infatti gli si avvicinano. In quel gesto semplice e spontaneo
possiamo leggere l’innato desiderio dell’essere umano di essere con altri. La
curiosità un po’ sfacciata, a volte inopportuna dei bambini piccoli è un
bell’esempio di come fin dall’inizio della vita l’uomo tende ad andare incontro
all’altro, ne è attratto. Ma intervengono i discepoli e vogliono allontanare
quei piccoli. Argomenti di opportunità, fastidio, antipatia, intervengono a
voler impedire quel gesto di ingenuo interesse per Gesù. Il Signore rimprovera
i discepoli, proprio perché con quel loro modo di fare confermano quella
mentalità mondana a cui facevo cenno, cioè che il rapporto con altri ha senso e
valore solo se esso mi serve o mi conviene. I bambini certamente non ci danno
nulla e possono essere facilmente considerati un inutile fastidio. Gesù
insiste: non allontanate nessuno, tantomeno i bambini, perché in quel loro
spontaneo “andare incontro” agli altri c’è il segreto della natura umana a cui
tutti dobbiamo ritornare.
Davanti
a queste parole e gesti di Gesù potremmo dire che sì, esse sono belle, ma la
realtà è più difficile e complicata. Certo, questo è innegabile. Nella realtà
c’è la forza del male, nelle sue espressioni diverse, che opera con forza per
dividere gli uomini e, se possibile, mettere gli uni contro gli altri. È forza
divisiva, che contrasta l’unione e la concordia. Tutti
ne abbiamo fatto esperienza, a volte anche dolorosamente. Come rispondere a
questa forza?
Gesù
ne parla, affermando che esiste una forza più forte della divisione perché è
forza di unione, il perdono. Sì, quello che comunemente si considera un gesto
di debolezza, è il realtà una grande forza, e proprio per questo il mondo ne ha
paura e la evita. Il
perdono infatti crea un legame proprio dove il male operato e subito sembra
aver creato una ferita inguaribile. Il perdono non significa dimenticare e fare
finta di niente, questo è falso perdono, ma significa assumersi la
responsabilità di combattere il male quando questo si fa presente nella vita di
un altro e siamo noi a subirne le conseguenze. È questa la grandezza del
perdono, perché ci rende capaci di farci carico di un compito che,
apparentemente, non ci spetta, ma che può avere la forza dirompente di
liberazione per l’altro ma anche per noi. Subire un torto infatti, spesso
significa coltivare desiderio di rivalsa, antipatia, odio, quando, addirittura,
non giustificare il fatto che anche noi ci comportiamo allo stesso modo
ingiusto. Perdonare significa combattere con le armi del bene perché sia
sradicata la radice della pianta del male dal cuore del fratello. Dimenticare e
lasciar correre invece lascia la pianta continuare a fruttificare e, magari, far
cadere il seme la stessa cattiva erba anche nel nostro cuore.
Ecco
allora la grande forza che Dio ci affida perché la divisione dagli altri, amici
parenti o coniugi che siano, non venga accettata con fatalismo come un destino
ineluttabile o come normale espressione dell’animo umano. È una sfida che
dobbiamo far nostra.
A
questo proposito oggi vogliamo ricordare una persona cara alla nostra terra e
chiesa: S. Francesco di Assisi, del quale il 4 ottobre si celebra la festa. Egli iniziò la
sua esperienza di fede proprio partendo dalla coscienza del proprio peccato e
dalla necessità di ricevere e offrire il perdono. Il suo movimento infatti
entrò a far parte del più vasto fenomeno dei “penitenti”, cioè di quei
cristiani che facevano del riconoscimento del proprio peccato e della richiesta
di perdono a Dio la chiave del proprio vivere cristiano.
Riporta
le Leggenda dei tre compagni: “Molte persone, vedendo i frati sereni nelle
tribolazioni, alacri e devoti nella preghiera, non avere né ricevere denaro,
coltivare tra loro amore fraterno, da cui si riconosceva che erano veramente
discepoli del Signore, impressionate e dispiaciute, venivano da loro, e
domandavano scusa delle offese fatte. Essi perdonavano di cuore, dicendo:
" Il Signore vi perdoni! ", e davano consigli utili alla loro
salvezza.” (1445)
I
primi compagni di Francesco si presentano cioè come uomini felici di vivere il
vangelo e, proprio per questo, suscitavano in chi li incontrava una domanda di
perdono.
Fratelli
e sorelle, Francesco, uomo umile e pronto a riconoscersi bisognoso del perdono,
ci insegna che chi non sa perdonare non conosce nemmeno il pentimento per il
proprio peccato. Chi si sente già buono perché passa sopra e dimentica i torti
subiti vorrebbe che Dio e i fratelli facessero finta di niente del proprio
peccato e lo lasciassero così come è.
Dio
però non ci lascia così come siamo, ma vuole la salvezza di ciascuno. Perciò ci
invita a riconoscere il nostro peccato, a chiederne umilmente perdono e a
prendersi la responsabilità del male che si manifesta negli altri. È quello che
ha fatto Gesù, accettando che il male non meritato e non suo si caricasse sulle
sue povere spalle col peso schiacciante della croce. E non a caso proprio sotto
la croce, cioè davanti all’esempio più alto che ci sia mai stato di perdono,
nasce la famiglia di Dio: “donna questo è
tuo figlio, figlio questa è tua madre”. È il compimento perfetto di quello
che Dio disse all’inizio: “non è buono
che l’uomo sia da solo”. No, nemmeno di fronte alla morte e al male
assoluto che è la croce l’amore che ci unisce e ci raccoglie in un’unica
famiglia è vinto e nulla può il male sui legami che si fondano sull’amore di
Dio. È quello che visse Francesco uomo di perdono e di fraternità, che con
l’ingenuità del bambino piccolo andò incontro a uomini e donne scorgendo nel
loro volto sfigurato dal male l’immagine di Gesù da amare e servire.
Preghiere
O Signore Gesù, aiutaci a legare la nostra vita ai
fratelli e alle sorelle con il vincolo di amore invincibile della tua carità.
Fa’ che nulla possa renderci divisi e lontani dagli altri,
Noi ti preghiamo
Sostieni e rafforza o Dio del cielo l’amore che lega
le famiglie, uniscile nel tuo nome da una generosità reciproca e dall’affetto
che vince ogni male,
Noi ti preghiamo
O Signore Gesù che dalla croce hai perdonato chi ti
stava uccidendo, raccogli anche noi ai tuoi piedi perché diveniamo la famiglia
indissolubile dei tuoi figli,
Noi ti preghiamo
Solleva o Padre buono ogni uomo dal peso del suo
peccato, perché ciascuno sia liberato dal male che lo divide da tutti e sia
riaccolto con affetto nella famiglia dei tuoi figli,
Noi ti preghiamo
Guarda con amore o Dio tutti coloro che in questo
tempo di crisi son colpiti dalla mancanza di lavoro, dall’incertezza del futuro
e dalla precarietà dei mezzi di sussistenza. Apri alla speranza i cuori
sfiduciati e fa’ che ciascuno abbia opportunità per un futuro migliore,
Noi ti preghiamo
Libera dal male o Signore tutti quelli che sono
schiacciati dalla miseria e dal dolore. Dona guarigione, pace e salvezza al
mondo intero,
Noi ti preghiamo.
O Signore benedici il lavoro di chi vive e testimonia
la forza del tuo amore. Fa’ che grazie anche al nostro impegno vinca sempre nel
mondo il bene sul male.
Noi ti preghiamo
Proteggi o Padre buono chi si affatica per l’annuncio
del Vangelo, chi serve i poveri, chi opera per la pace e la giustizia. Dona ad
essi il coraggio dell’amore e la forza del perdono,
Noi ti preghiamo
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