venerdì 29 settembre 2017

XXVI domenica del tempo ordinario -anno A - 1 ottobre 2017




Dal libro del profeta Ezechiele 18, 25-28
Così dice il Signore: «Voi dite: “Non è retto il modo di agire del Signore”. Ascolta dunque, casa d’Israele: Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra? Se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male e a causa di questo muore, egli muore appunto per il male che ha commesso. E se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà».

Salmo 23 - Ricordati, Signore, della tua misericordia.
Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi, +
perché sei tu il Dio della mia salvezza;
io spero in te tutto il giorno.

Ricordati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
I peccati della mia giovinezza
e le mie ribellioni, non li ricordare

Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 2, 1-11
Fratelli, se c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi. Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi  obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

Alleluia, alleluia, alleluia.
Le mie pecore ascoltano la mia voce,
io le conosco ed esse mi seguono.
Alleluia, alleluia, alleluia

Dal vangelo secondo Matteo 21, 28-32
In quel tempo, disse Gesù ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, và oggi a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò. Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Dicono: «L’ultimo». E Gesù disse loro: «In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. È venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, i brani della Scrittura che abbiamo ascoltato oggi ci invitano in modo unanime a interrogarci sulla necessità di vivere con autenticità. Oggi infatti spesso si dà un grande valore all’esteriorità, ritenendo la cosa più importante come appariamo, come gli altri ci vedono.
La Parola di Dio però oggi ci pone davanti alla necessità di dare importanza non alla prima impressione che diamo di noi o che riceviamo dagli altri, ma quello che ciascuno di noi è veramente.
Il Signore infatti nei suoi incontri descritti dal Vangelo va’ sempre alla profondità dell’animo dell’interlocutore, ne legge la realtà intima e a quella parla, mettendo a nudo la verità della nostra vita, l’autentico valore e consistenza delle azioni, gli scopi, i modelli verso cui si dirige.
È la questione centrale posta dall’esempio che Gesù presenta: due figli apparentemente, a prima vista si dimostrano l’uno obbediente e l’altro disobbediente, dato che uno dice “sì”, e l’altro “no”, ma poi è il loro agire che rivela chi ciascuno dei due è in verità.
Spesso si dice che per essere veramente se stessi bisogna esprimere con immediatezza i propri pensieri e la propria personalità. Se ciò fosse vero allora dobbiamo concludere che nessuno dei due figli è sincero. Entrambi dicono una cosa e ne fanno un’altra, a modo loro tutti e due sono parimenti falsi, cioè non esprimono apertamente cosa hanno in animo. Ma noi intuiamo chiaramente che il figlio che, dopo aver detto di non voler aiutare il padre, poi lo fa è colui che si comporta da “autentico” figlio. Non l’altro che pur mantenendo le forme esteriori e mostrandosi obbediente, poi, in pratica, si rifiuta di aiutarlo.
Questo ci fa capire come per i cristiani essere “veri” non significa essere se stessi così come viene, cioè spontanei. Per i discepoli del Signore la propria verità è assomigliare alla vera natura che Dio ha voluto donare a ciascun uomo, cioè quella di figlio suo. È autentico infatti chi, indipendentemente dalla propria indole o istinto, accetta di assumere col suo agire il ruolo di figlio di Dio, cioè di obbedire alle richieste e ai “consigli” che egli ci  propone anche se questo richiede di cambiare il nostro istinto o indole. È vero uomo e donna vera non chi da libero sfogo ai propri sentimenti sorgivi e naturali, ma chi invece si forza di modellarsi su un comportamento che, magari, non sente immediatamente suo, ma che, alla fine, realizza in pienezza il proprio essere. Sembra assurdo, ma per comprendere veramente chi siamo non dobbiamo scavare dentro di noi, ma dentro la sapienza della Scrittura che, come uno specchio, riflette la vera immagine dell’uomo così come Dio lo ha creato e desiderato.
Per questo quando Gesù chiede: “Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?” tutti dicono: “L’ultimo” anche se è colui che, se vogliamo, ha fatto la figura peggiore, poiché ha risposto senza rispetto al padre: “Non ne ho voglia”.
Gesù sottolinea come l’emergere dall’uomo della vera immagine del figlio di Dio è un processo laborioso e complesso: fra la risposta istintiva di rifiuto e la decisione successiva di obbedire al padre c’è quel: “ma poi, pentitosi, ci andò.” Il Signore sottolinea come il cambiamento avvenga perché dentro il figlio matura qualcosa di nuovo. Non sappiamo cosa spinse il figlio a cambiare idea, ma se non si fosse soffermato a riflettere e a maturare una decisione diversa sarebbe rimasto un antipatico, fannullone e ribelle, figlio dei propri istinti e non del padre. L’altro figlio invece non passa attraverso questo processo di riflessione e decisione: egli sa fin dall’inizio che non andrà, e si preoccupa solo di salvare le forme, facendo finta col dire “sì”.
È questo passaggio, il movimento di pensieri e riflessioni che avviene dentro il nostro cuore, e che in termini cristiani chiamiamo conversione, che amplia lo spazio interiore nel quale può maturare in ciascuno di noi la decisione di diventare (perché non lo siamo di natura) figli di Dio, cioè lavoratori della sua vigna, come già dicevamo domenica scorsa. È quello che dobbiamo fare ogni volta che il Signore ci parla: farci scendere dentro le sue parole, perché non scorrano via, ma mettano in movimento i nostri pensieri, il cuore, i sentimenti, e maturi in noi la decisione di assomigliare a come lui ci vuole. Ma siamo noi a dover “avviare” questo movimento e lasciare che la Parola di Dio lavori dentro di noi e ci susciti dubbi, inquietudini e, infine, il pentimento per ciò che non va nelle nostre scelte e comportamenti. Sicuramente per istinto siamo come il primo figlio, magari formalmente ed esteriormente corretti, ma nella realtà estranei al Padre e figli solo di noi stessi, dei nostri umori passeggeri e della mentalità del mondo.
Lo ribadisce in modo chiaro il profeta Ezechiele: “se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà”.
Fratelli e sorelle, non fidiamoci dei nostri comportamenti e decisioni istintive, ogni volta fermiamoci davanti al Signore e riflettiamo. Convertiamo il cuore dalla sicurezza arrogante alla docilità del figlio, che magari non capisce subito tutto, ma si fida del Padre e gli da ascolto. A chi accetta di essere veramente se stesso, cioè un figlio fedele, il Signore infatti assicura la sua benedizione: “egli certo vivrà e non morirà”.



Preghiere 


Aiutaci o Dio ad essere tuoi figli obbedienti, prendendo sul serio le parole del Vangelo e vivendole docilmente,
Noi ti preghiamo


Elimina da noi o Signore Gesù del cielo, ogni istinto arrogante e ribelle, che crede di conoscere già il proprio bene e di poterlo ottenere contro gli altri. Aiutaci ad essere sempre tuoi imitatori,
Noi ti preghiamo




Fa’ o Dio che non guardiamo all’esteriorità, ma cerchiamo di incontrare i fratelli e le sorelle nella profondità del cuore,
Noi ti preghiamo


Concedi o Dio di essere capaci di pentirci del male fatto e di cambiare strada quando questa è sbagliata. Donaci la conversione del cuore,
Noi ti preghiamo



 O Dio aiuta chi è povero e consola chi è nel dolore. Perché nessun uomo sia umiliato dall’ingiustizia e schiacciato dalla forza opprimente del male,
Noi ti preghiamo


Solleva o padre misericordioso chi è precipitato nella voragine della violenza. Dona pace vera e duratura ai popoli colpiti dalla guerra e dal terrorismo, salva chi è in pericolo di vita,
Noi ti preghiamo.



Guida la tua chiesa con la pazienza e la tenacia del padre buono. Perdona se non siamo sempre all’altezza delle necessità del Vangelo e tiepidi nel viverlo,
Noi ti preghiamo


O Dio, proteggi e benedici il nostro papa Francesco, perché sia una buona guida del tuo gregge verso i pascoli di un mondo migliore,

Noi ti preghiamo

Nessun commento:

Posta un commento