sabato 18 novembre 2017

XXXIII domenica del tempo ordinario - Anno A - 19 novembre 2017 - Giornata mondiale dei poveri




Dal libro dei Proverbi 31,10-13.19-20.30-31
Una donna forte chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. Gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita. Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani. Stende la sua mano alla conocchia e le sue dita tengono il fuso. Apre le sue palme al misero, stende la mano al povero. Illusorio è il fascino e fugace la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare. Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani e le sue opere la lodino alle porte della città.

Salmo 127 - Beato chi teme il Signore.
Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene.

La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.

Ecco com’è benedetto +
l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.
Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita!

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési  5,1-6
Riguardo ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; infatti sapete bene che il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. E quando la gente dirà: «C’è pace e sicurezza!», allora d’improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire. Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, cosicché quel giorno possa sorprendervi come un ladro. Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma vigiliamo e siamo sobri.

Alleluia, alleluia alleluia.
Rimanete in me e io in voi, dice il Signore,
chi rimane in me porta molto frutto.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 25,14-30
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Avverrà come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.  Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”».

Commento
Cari fratelli e care sorelle, In una lettera di giugno scorso papa Francesco ha scritto: “Al termine del Giubileo della Misericordia ho voluto offrire alla Chiesa la Giornata Mondiale dei Poveri, perché in tutto il mondo le comunità cristiane diventino sempre più e meglio segno concreto della carità di Cristo per gli ultimi e i più bisognosi. … Invito la Chiesa intera e gli uomini e le donne di buona volontà a tenere fisso lo sguardo, in questo giorno, su quanti tendono le loro mani gridando aiuto e chiedendo la nostra solidarietà. Sono nostri fratelli e sorelle, creati e amati dall’unico Padre celeste. Questa Giornata intende stimolare in primo luogo i credenti perché reagiscano alla cultura dello scarto e dello spreco, facendo propria la cultura dell’incontro. Al tempo stesso l’invito è rivolto a tutti, indipendentemente dall’appartenenza religiosa, perché si aprano alla condivisione con i poveri in ogni forma di solidarietà, come segno concreto di fratellanza. Dio ha creato il cielo e la terra per tutti; sono gli uomini, purtroppo, che hanno innalzato confini, mura e recinti, tradendo il dono originario destinato all’umanità senza alcuna esclusione.” Oggi vogliamo vivere questa giornata come il papa ci ha proposto, aprendo il cuore e la mente per comprendere il senso e il valore che i poveri rappresentano per la nostra vita. Sempre il papa infatti ha scritto: “condividere con i poveri ci permette di comprendere il Vangelo nella sua verità più profonda. I poveri non sono un problema: sono una risorsa a cui attingere per accogliere e vivere l’essenza del Vangelo.”
È quello che proveremo a fare, leggendo il Vangelo che ci è stato annunciato per comprenderne la realtà più profonda.
I poveri ci fanno paura perché ci rappresentano la realtà della povertà che sappiamo essere accovacciata alla porta di ogni uomo come un leone pronto a ghermirci. Essa ci si presenta sotto i suoi tanti aspetti diversi: la miseria economica, ma anche la malattia, la vecchiaia, il disagio esistenziale, i rovesci della sorte. Questa paura ci fa temere il contagio: la vista dei poveri fa tristezza, inquieta e disturba, meglio eliminarla dal nostro orizzonte, sperando così di evitare la minaccia che essa ci ricorda.
È la stessa paura che spinse il terzo servo di cui ci ha parlato il Vangelo oggi a seppellire il talento sotto terra, per paura di perderlo e restare senza, cioè povero. Un ricco signore prima di partire per un lungo viaggio aveva lasciato ai suoi tre servi ciò che di più prezioso possedeva. È un tesoro abbondante, e i tre se ne trovarono senza merito in possesso. I primi due pensano che quella ricchezza sia un’opportunità che è stata loro offerta e si danno da fare per metterla a frutto, e i risultati si vedono!
Il terzo invece ha paura di perdere tutto e per questo, paradossalmente, vive come se non possedesse nulla. Per lui quel tesoro è come se non esistesse, sepolto sotto terra. Continua a vivere come se non avesse ricevuto nulla.
Quel dono, fratelli e sorelle, è lo stesso che Dio fa a ciascuno di noi: il dono di una vita amata da lui. È un tesoro inestimabile perché ci permette non solo di godere del beni del creato, cosa che è alla portata di tutti gli esseri viventi, ma anche di nutrirci della sicurezza di essere voluti bene, accompagnati e tenuti in così alta considerazione da Lui, tanto da valere la vita stessa del suo Figlio. Questo fa la grande differenza fra una vita normale e una vita che sa di essere amata per dono gratuito di Dio. Chi accoglie questo dono ha una speranza che non si esaurisce, non perde mai la fiducia nel bene che si può realizzare per sé e per il mondo, perché può far conto su risorse di umanità immense.
Chi accoglie il talento di una vita amata da Dio non può fare a meno di moltiplicare i frutti di questo amore e di spargerli attorno a sé, di ritrovarsi con un capitale di amore raddoppiato, perché condiviso e suscitato anche in chi ci è accanto.
Ma chi invece rifiuta questo dono e si accontenta di una vita che non sa di essere amata da Dio vive oppresso dalla paura. Pensa che può contare solo sulle proprie forze, che deve difendere il poco che ha dagli assalti della vita, che le sue risorse di amore, compassione, solidarietà e amicizia sono limitate e deve risparmiarle concentrandole tutte su di sé. Tutto il contrario degli altri due.
L’incontro con i poveri mette a nudo come noi viviamo: cioè se come figli amati da Dio e ricolmati dei doni della sua benevolenza o da orfani che possono contare solo su di sé. Essi provocano la nostra capacità di voler bene, cioè di sentire con lo stesso cuore di chi abbiamo di fronte, di donare gratuitamente e generosamente amicizia, affetto, cura e attenzione. Ma chi è orfano è geloso del poco amore che ha, avaro di attenzioni e preoccupazioni al di fuori di sé: ne ha così poche che non può sprecarle. Invece chi sa di essere amato da Dio ha in lui una fonte inesauribile e non teme di restarne senza.
Per questo quando il Signore torna i primi due possono mostrare con gioia che l’amore che è stato loro donato messo in circolazione ha fruttato il doppio. Il terzo riesce a dimostrare solo che ha saputo farne a meno. Ha imparato cioè a vivere così avaramente e interessato solo di sé da non sentire ormai più bisogno di quell’amore donato, ma non voluto e non accettato.
Cari fratelli e care sorelle, accogliamo sempre volentieri la provocazione che i poveri sono per la nostra capacità di voler bene. Non si tratta tanto di quanti soldi sappiamo o possiamo i spendere. La nostra mentalità distorta vede solo nel denaro la misura del voler bene. Piuttosto si tratta di affondare le mani nel tesoro più prezioso che abbiamo e che è l’amore che Dio ha riversato nella nostra vita. Di quello dobbiamo essere soprattutto generosi con chi ha ricevuto meno di noi dalla vita. La sensibilità, l’amicizia, la vicinanza calda e affettuosa ci renderà capaci anche di essere più generosi di beni materiali, mettendo a frutto quella fantasia dell’amore che mette in moto la provvidenza di Dio. Chi invece misura il proprio interesse e attenzione sulla misura del denaro che può elargire li vedrà restringersi alla misura avara dell’uomo pauroso di perdere, che rifiuta il talento per paura di doverlo poi spendere e che per questo si priva della gioia dell’amore di Dio ricevuto, donato e moltiplicato.


Preghiere 

O Dio ti ringraziamo per il dono prezioso del tuo amore. Fa’ che l’accogliamo con gioia come un tesoro dal valore inestimabile,
Noi ti preghiamo


Aiutaci o Padre ad apprendere la vera sapienza contenuta nel Vangelo, affinché come tuoi discepoli diveniamo ricchi di umanità e liberi di amare,
Noi ti preghiamo


Rendici, o Dio onnipotente, forti della gioia del Vangelo, perché non restiamo schiavi dell’impotenza e sottomessi al male, ma come uomini e donne sapienti trasformiamo il mondo e il suo modo di vivere,
Noi ti preghiamo


Ti chiediamo perdono o Dio per quando rifiutiamo il talento del tuo amore, accontentandoci del poco che sappiamo darci da soli. Apri il nostro cuore al Vangelo perché diveniamo sapienti e forti,
Noi ti preghiamo


Guida o Padre misericordioso i passi di coloro che cercano il bene e operano per la pace. Fa’ che presto nel mondo intero cessino le guerre e ogni forma di violenza,
Noi ti preghiamo



Suscita in ogni luogo o Padre misericordioso amici dei poveri e soccorritori di chi è in difficoltà. Guarda con amore a chi ti invoca ed esaudisci la preghiera del misero,
Noi ti preghiamo.


O Signore Gesù che hai donato tutto te stesso per la nostra salvezza, perdona la nostra avarizia nel voler bene ai fratelli e alle sorelle che sono nel bisogno.
Noi ti preghiamo


Guida e proteggi o Dio tutti quelli che camminano sulla via del Vangelo: i testimoni dell’amore, i costruttori di pace, coloro che perdonano, i miti di cuore. Fa’ che la loro forza d’amore trasformi il mondo intero,

Noi ti preghiamo

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