sabato 30 dicembre 2017

Domenica della Santa Famiglia - Anno B - 31 dicembre 2017




Dal libro della Genesi 15, 1-6; 21, 1-3
In quei giorni, fu rivolta ad Abram, in visione, questa parola del Signore: «Non temere, Abram. Io sono il tuo scudo; la tua ricompensa sarà molto grande». Rispose Abram: «Signore Dio, che cosa mi darai? Io me ne vado senza figli e l’erede della mia casa è Elièzer di Damasco». Soggiunse Abram: «Ecco, a me non hai dato discendenza e un mio domestico sarà mio erede». Ed ecco, gli fu rivolta questa parola dal Signore: «Non sarà costui il tuo erede, ma uno nato da te sarà il tuo erede». Poi lo condusse fuori e gli disse: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle» e soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Egli credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia. Il Signore visitò Sara, come aveva detto, e fece a Sara come aveva promesso. Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato. Abramo chiamò Isacco il figlio che gli era nato, che Sara gli aveva partorito.

Salmo 104 - Il Signore è fedele al suo patto.
Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere.
A lui cantate, a lui inneggiate,
meditate tutte le sue meraviglie.

Gloriatevi del suo santo nome:
gioisca il cuore di chi cerca il Signore.
Cercate il Signore e la sua potenza,
ricercate sempre il suo volto.

Ricordate le meraviglie che ha compiuto,
i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca,
voi, stirpe di Abramo, suo servo,
figli di Giacobbe, suo eletto.

Si è sempre ricordato della sua alleanza,
parola data per mille generazioni,
dell’alleanza stabilita con Abramo
e del suo giuramento a Isacco.

Dalla lettera agli Ebrei 11, 8.11-12.17-19
Fratelli, per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare. Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.

Alleluia, alleluia alleluia.
Ora lascia, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 2,22-40
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, (Maria e Giuseppe) portarono il bambino Gesù a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti  e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

Commento

Cari fratelli e care sorelle, abbiamo ascoltato nella prima lettura dal libro della Genesi Abramo esporre il suo dramma circa il futuro. Egli lamenta di non avere un discendente, cioè qualcuno che prenda l’eredità di quanto lui ha costruito nella sua vita, come un testimone da portare avanti fino al traguardo. Eppure Abramo è un uomo fortunato: è benestante, possiede molte greggi e ha una larga cerchia di servi che gli garantiscono un futuro sicuro e garantito davanti ai pericoli della vita. Non ha nulla da temere, ma sente la mancanza del fatto che il cammino iniziato nella sua vita continui in una discendenza che ne raccolga l’eredità.
Abramo rivela una preoccupazione che spesso è assente nella nostra mentalità contemporanea che vive schiacciata sulla contemporaneità. Per noi a volte quello che conta è il presente o il futuro immediato, cioè quello che riguarda me stesso e basta. Se il benessere e la sicurezza mi sono garantiti oggi e domani, il dopo non mi interessa.
Ne è un esempio evidentissimo la scarsa preoccupazione per lo “stato di salute” del creato che rischia di consegnare alle generazioni future una terra isterilita e infragilita dallo sfruttamento che oggi le viene imposto per garantire alla generazione presente una condizione di benessere. Ma anche lo si vede nello scarso senso del bene comune, cioè quel benessere che oltrepassa il mio circoscritto interesse presente, per abbracciare invece il bene della società larga e futura.
Abramo invece no, si preoccupa di chi verrà dopo di lui. Egli lo fa perché guarda la propria esistenza inserita in un disegno più grande, quello della realizzazione della pienezza di vita come Dio la intende. La sua cioè è una prospettiva di fede. Lo mette bene in chiaro la lettera agli Ebrei che abbiamo ascoltato poco fa: “per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. … Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza».” Insiste l’autore della lettera: “per fede.” La logica di Abramo nell’accogliere la volontà di Dio infatti non persegue la propria convenienza immediata ma tiene conto che la propria esistenza si inserisce in un disegno che è iniziato prima di noi e ci supera, ma nel quale il nostro contributo è significativo. Abramo non è fatalista né autoreferenziale, cioè non pensa né “sarà quel che sarà” né “sto attento a quello che mi conviene e mi tengo stretto quello che ho” ma accetta di essere parte di un processo, quello della storia di amore di Dio con l’uomo. Esso conosce un inizio, uno sviluppo e tende verso la conclusione della piena unione fra Dio e l’uomo. Abramo sa di essere e si concepisce come un pezzetto di questa storia e sente la responsabilità di farla avanzare verso la direzione giusta.
Abbiamo anche noi la stessa preoccupazione? Viviamo alla luce della fede che trova nel volere di Dio la realizzazione del proprio bene? O piuttosto pensiamo che il mio bene sia l’autorealizzazione, come si dice comunemente oggi, anche a discapito degli altri e delle generazioni future?
Anche Simeone e Anna, descritti dal Vangelo di Luca oggi, hanno lo stesso atteggiamento. Sono vecchi, hanno poco da aspettarsi dalla loro vita, eppure attendono ancora la salvezza del popolo. Non la propria, ma quella del popolo tutto. Vedendo Gesù intuiscono in lui l’aprirsi della porta alla vicinanza piena a Dio, alla comunione con lui, che costituisce il traguardo dell’umanità intera.
Per questo sentono appagata la loro attesa e riempita di senso la loro intera esistenza. Quel bambino che stringono fra le braccia è il senso della loro vita passata in attesa, ma anche la prospettiva per il futuro di tutta l’umanità. “Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace” dice Simeone.
Fratelli e sorelle, oggi la Chiesa ci propone all’attenzione la Famiglia di Gesù. Da essa a Natale abbiamo ricevuto in dono la presenza del Signore che nasce per crescere con noi. Con lui siamo famiglia: ci è dato piccolo, perché sia nostro figlio da accogliere e proteggere come un neonato; ma poi crescerà e ci chiederà di trovare spazio dentro il nostro tempo e di nutrirlo con la preghiera e l’ascolto; infine ci supererà in sapienza e forza, come un adulto, e noi saremo chiamati a essere suoi figli e a trasmettere questo tesoro della nostra vita a quanti vengono dopo di noi.
Come Abramo guardiamo a questo Natale, alla nostra vita e al nostro presente con gli occhi della fede che ci fa scoprire la prospettiva ampia, lunga e ricca di senso che Dio vuole che essa abbia, non solo per me stesso, ma per l’umanità intera. 


Preghiere 

Ascolta o Signore la nostra preghiera davanti alla mangiatoia di Betlemme: che in ogni uomo e donna ci sia posto perché nasca il desiderio di un futuro migliore e la disponibilità a costruirlo,
Noi ti preghiamo


Aiuta o Padre del cielo i tanti bambini che nel mondo faticano a vivere, oppressi dalla violenza, dalla guerra, dalla fame e dallo sfruttamento degli adulti. Falli crescere liberi e felici,
Noi ti preghiamo

 O Signore Dio, che ti sei fatto uomo nell’umiltà di un bambino donaci di cogliere in esso un segno di fiducia e di speranza perché diveniamo uomini e donne migliori,
Noi ti preghiamo


O Padre del cielo sostieni e proteggi i tanti anziani rifiutati e messi da parte, dona a chi è nella pienezza degli anni la visione di Simeone e Anna e fa che non smettano di sperare e sognare il bene per tutti,
Noi ti preghiamo



 Dio del cielo, guida i nostri passi come i pastori verso la stalla di Betlemme. Fa’ che alziamo lo sguardo ripiegato stancamente sul presente per sognare con te un futuro largo e luminoso come un cielo stellato,
Noi ti preghiamo


O Signore Gesù nato dai due umili giovani Giuseppe e Maria, aiuta e sostieni tutte le famiglie perché sappiano amare e proteggere le vite deboli che nascono e invecchiano nel suo seno,
Noi ti preghiamo



Per il papa Francesco, custode fedele del Vangelo e proclamatore instancabile della gioia di viverlo,
Noi ti preghiamo

Per le comunità dei credenti che amano e servono la vita dei più deboli, perché siano casa e famiglia per i tanti senza famiglia del mondo,
Noi ti preghiamo



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