sabato 24 marzo 2018

Domenica delle palme - Anno B - 25 marzo 2018





Dal libro del profeta Isaia 50,4-7
Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato.
Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.
Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi.
Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.

Salmo 21 - Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?
Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».

Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli, +
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippèsi 2,6-11
  Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

Passio: Mc 14,1-15,47

Commento 

Cari fratelli e care sorelle, si apre oggi con questa liturgia dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme la Santa settimana di Passione. La liturgia inizia con la festa dell’entrata del Signore in città, momento che fu accompagnato, come abbiamo ascoltato all’inizio della liturgia, dalle grida di Osanna del popolo e dal festoso agitare di rami e mantelli. È stato l’ingresso di un re, accompagnato dalla gioia e dalla festa di tutti. Abbiamo ripetuto quei gesti e abbiamo gioito anche noi. E i rametti di ulivo che ancora abbiamo fra le mani stanno proprio a significare che anche noi c’eravamo e siamo stati testimoni di quell’ingresso di un nuovo re nella nostra vita e nel mondo e con lui abbiamo esultato.
D’altronde nel Vangelo Gesù si rivela sempre, come in questi primi passi nella città santa, come una persona che attrae e suscita interesse. Spesso siamo stupiti da questa capacità del Signore di ispirare fiducia e speranza in chi lo incontra, anche se non lo aveva mai visto, di attrarre a sé come una persona alla quale affidare le proprie aspettative di un futuro migliore. Pensiamo agli apostoli: poche parole, un invito scarno e senza spiegazioni ha la forza di convincerli a lasciare tutto e seguirlo. Poi ci sono i malati. Sono molti quelli che si accostano a lui chiedendo guarigione, ed è gente di ogni età, condizione sociale, persino di altra cultura e religione. Ci sono anche stranieri che lo accostano per ricorrere al suo aiuto: una donna siro fenicia,  un centurione romano, ecc…
Poi ci sono le folle che lo seguono, lo cercano, affrontano anche viaggi impegnativi per ascoltarlo. Sulle rive del mare di Galilea Gesù è talmente sospinto dalla folla che deve prendere una barca e parlare da una certa distanza per non restare schiacciato da essa. Persino nella città santa le folle si radunano volentieri ad ascoltarlo, persino nel cortile del tempio, e questo fa montare ancora di più la malevolenza dei nemici di Gesù. Un giorno un giovane ricco va da lui a chiedere: Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?” (Mc 10,17); Nicodemo è qualificato come un “capo dei Giudei” (Gv 3,1) e va a cercare Gesù per interrogarlo. Una samaritana è così sfacciata da attaccare bottone e conversare con lui per strada.
Gesù con tutti si ferma, comprende il bisogno di tutti, dona guarigione, perdono, parole preziose per la vita di ciascuno, vuole bene a tutti, ed è questo che attrae in lui, tanto che, abbiamo sentito poco fa, la folla di Gerusalemme vorrebbero proclamarlo loro re.
All’improvviso però nel racconto di Marco qualcosa cambia repentinamente e, apparentemente, senza motivo: “Allora tutti i discepoli, abbandonatolo, fuggirono.” Gli amici fedeli della sua cerchia se ne vanno; le folle che lo hanno osannato prendono le distanze e diventano sue accusatrici; i tanti beneficati, i guariti, gli sfamati, i perdonati ora sono spettatori severi e ostili della sua passione.
Cosa è successo, perché Gesù non è più attraente, nessuno lo cerca, nessuno sta più dalla sua parte, lo accompagna?
È vero, la situazione si è fatta più rischiosa, le autorità sono minacciose e la folla diventa incontrollabile e violenta, ma non è per questo che tutti fuggono. Non è solo viltà.
Gesù continua a voler bene a tutti, non rinuncia fino alla fine a beneficare chi gli è accanto, anche nel dolore, nell’umiliazione, perfino davanti alla morte. Perdona, conforta, accoglie, tutti; non maledice, non si lamenta, non condanna nessuno.
È proprio questo che fa fuggire tutti: un amore così grande fa paura.
Gesù aveva detto: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.” (Gv 15,13) Gesù sta vivendo l’amore più grande che c’è, ma questo fa paura, perché un amore così grande esige di essere ricambiato con altrettanto amore. Un amore così grande obbliga a scavare dentro di sé finché non si trovano sentimenti e atteggiamenti che almeno un po’ assomiglino a quelli di Gesù. Davanti alla passione e morte di Gesù si resta spogliati da ogni giustificazione, da ogni possibile attenuante ed esenzione, non si può far altro che sentirsi chiamati a voler bene come lui, almeno un po’.
Per questo tutti fuggirono, per questo anche noi fuggiamo.
La cosa più difficile in questi giorni nei quali commemoreremo, a partire da oggi, la passione e crocefissione di Gesù è non fuggire altrove, e lo facciamo quando siamo con la testa presa da tante occupazioni, col cuore pieno di altro a cui badare, distratti, giustificati. “C’è tanto altro di cui devo occuparmi!” diciamo spesso davanti ai crocefissi che incontriamo nella nostra vita: i poveri per strada, i popoli in guerra, chi è in difficoltà e ci molesta col suo bisogno di compagnia, consolazione, parole, affetto. 
Ma se almeno un po’ abbiamo il coraggio di non fuggire, di restare davanti alla croce, di lasciarci guardare da quello sguardo pieno di misericordia che Gesù rivolse a Pietro che lo aveva tradito, di portare un po’ di olio di pietà per quel corpo martoriato e quell’animo rattristato da tanta inimicizia e tanta solitudine, come fecero le donne al sepolcro, scopriremo che in noi può scaturire una sorgente di amore simile a quello che Gesù seppe mostrare fino alla fine, fin sulla croce. Non siamo condannati alla freddezza, all’indifferenza, a condividere con la folla di Gerusalemme quel cinismo di chi ne ha viste tante e ormai si è abituato al dolore altrui. Sì, si può restare umani, se si resta insieme a Gesù fin sotto la croce.
È la sfida di queste giornate che ci attendono, piene dell’amore appassionato di Gesù per i suoi, per ciascuno di noi, ai quali rivolge la preghiera: “La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me.” (Mt 26,38).

Preghiere 

O Signore Gesù ti preghiamo di aiutarci in questi giorni a seguirti fino a Gerusalemme per essere testimoni del tuo amore. Fa’ che non fuggiamo spaventati e distratti, presi da noi stessi e dai ritmi abituali, ma come discepoli seguiamo te, nostro unico maestro buono.
Noi ti preghiamo


O Padre misericordioso apri il nostro cuore all’ascolto della Scrittura. Fa che sappiamo farla scendere nel nostro cuore e diventare contemporanei dei fatti che descrive, vicini a Gesù e testimoni del suo amore senza fine.
Noi ti preghiamo


O Gesù che non hai considerato un privilegio l’essere simile a Dio, ma ti sei fatto uomo come noi, fa’ che impariamo dalla tua umiltà e sappiamo vivere gesti di amore per ogni fratello e sorella.
Noi ti preghiamo


O Cristo che torni ad ammaestrarci perché non vuoi che noi perdiamo la nostra vita su strade che non portano a niente, indicaci in questi giorni della santa settimana come vivere un amore appassionato e fedele come il tuo.
Noi ti preghiamo


Padre, non guadare alla durezza del nostro cuore, non ti scandalizzare perché siamo incapaci di gesti di affetto e di tenerezza per gli altri. Aiutaci a imparare da te, amico appassionato degli uomini.
Noi ti preghiamo


O Dio della pace, dona salvezza e consolazione a tutti coloro che ne hanno bisogno. Ti preghiamo per i malati, per chi soffre, per chi è solo e dimenticato, per chi è vittima della guerra e della violenza. Fa’ che uniti alla tua passione trovino anche la vita nuova della resurrezione.
Noi ti preghiamo.


Vogliamo ricordarti o Padre buono, tutti gli uomini della terra che ancora non ti conoscono. Fa’ che possano anch’essi ricevere presto l’annuncio del Vangelo della Passione, morte e Resurrezione del Signore Gesù.
Noi ti preghiamo


O Dio ti ricordiamo tutti coloro che in questa settimana si raccoglieranno per ascoltare il Vangelo della passione e per pregarti. In comunione con tutti i cristiani del mondo invochiamo protezione per quelli che sono minacciati, audacia per quelli che sono timidi, e per tutti la benedizione di una vita santa.
Noi ti preghiamo


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